Tra di noi: tessere relazioni umane

di don Umberto

Una nuova newsletter? No. Una newsletter più articolata, più ricca di contenuti. Perché? Per ricostruire, rinsaldare quelle relazioni che questo periodo di pandemia ha sfilacciato, interrotto. La nostra comunità parrocchiale ha sofferto la mancanza di incontri per un lungo periodo e anche adesso che possiamo celebrare “in presenza”… ci accorgiamo che tante persone mancano ancora; alcune per timore di contrarre il virus, altre perché, colpite dallo stesso, ci hanno lasciato definitivamente, spesso senza aver alcun familiare accanto. Essere credenti, cristiani, oggi, significa stabilire relazioni sempre più “umane” con gli altri nello spirito del comandamento dell’amore.
Leggevo un’intervista al vescovo di Bolzano-Bressanone Ivo Muser. Dice: La fede è una forma di relazione. Ciò che definisce noi stessi nel profondo, con le nostre ambizioni, i nostri desideri e tutto ciò che è legato alla felicità, è sempre un’esperienza relazionale. Le grandi gioie, così come i grandi dolori, sono fatti per essere condivisi. Per questo la fede è una relazione che c’impone di non limitarci a noi stessi, ma che ci spinge a comprendere la vita come un fatto relazionale. In termini cristiani, quello che s’instaura con Dio è un rapporto personale.
E tante sono le persone che in questa nostra comunità parrocchiale si impegnano a vivere e costruire relazioni di comunione con la sensibilità dell’attenzione all’altro. Penso ai tanti gruppi che qui operano. E fra le tante persone vorrei ricordare Pia Smareglia Franceschini. Una presenza attiva e discreta. Presidente della Conferenza parrocchiale di San Vincenzo, aiuto nelle attività dell’oratorio con i ragazzi, preziosa collaboratrice in ufficio parrocchiale, ma prima ancora mamma e nonna. Più di una volta, parlando di situazioni difficili di cui veniva a conoscenza, cercava di comprendere, scusare, trovare il modo in cui poter aiutare. Alcuni mesi or sono mi disse: «Sono molto malata, ho pochi mesi di vita, ma voglio ringraziare il Signore per tutto quello che mi ha dato in questa vita.» Ho pensato che queste parole sono facili da pronunciare quando si sta bene, ma nel momento in cui si ha la consapevolezza che la vita sta sfuggendo acquistano tutto un altro significato. Se n’è andata quasi in punta di piedi. E fra le tante cose che ci siamo detti — quando ancora stava bene — aveva suggerito di trovare forme adeguate perché le persone della nostra comunità parrocchiale potessero sentirsi più vicine e accolte. Questo vuole essere questa newsletter.