di Fabiana Martini
Buon compleanno alla nostra Repubblica, che ha compiuto 75 anni.
La nostra comunità è nata grazie alla Resistenza di chi ha creduto nel domani nonostante il buio e i lutti della guerra e dell’occupazione nazista. Uomini e donne che hanno rischiato la propria vita e poi hanno disegnato una casa comune in cui ci fosse posto per tutte e per tutti, in cui la persona, ogni persona, fosse al centro e nessuno e nessuna si senta escluso, per dirla con Francesco De Gregori, citato anche da Mattarella nel suo intervento in occasione del 2 giugno.
È compito di ognuno fare la sua parte perché i bellissimi principi in tema di uguaglianza e solidarietà contenuti nella nostra Costituzione non rimangano condivisibili aspirazioni sulla carta. A questo proposito c’è ancora tanta strada da fare, soprattutto nel campo della parità di genere, riguardo — ha ricordato il presidente della Repubblica — «alla condizione delle donne nel mondo del lavoro, al loro numero, al trattamento economico, alle prospettive di carriera, alla tutela della maternità, alla conciliazione dei tempi.» Tutte questioni che non riguardano solo le donne, ma servono a migliorare la qualità della società, come diceva Tina Anselmi, prima ministra della nostra storia repubblicana.
Anche come comunità ecclesiale dovremmo essere in prima linea in queste battaglie: non solo perché la partecipazione femminile alle attività pastorali è percentualmente molto superiore a quella maschile; non solo perché è poco furbo privarsi di certi talenti; non solo perché la Chiesa, che ha sempre combattuto contro la schiavitù, la povertà, l’ingiustizia, non può tollerare che uomini e donne siano trattati diversamente.
È Gesù con il suo atteggiamento nei confronti delle donne che prende una posizione chiara; è nel Vangelo il richiamo all’emancipazione. È ora di smetterla di adeguarci alla mentalità maschilista e patriarcale di questo mondo. Perché noi «viviamo nel mondo, ma non siamo del mondo».