Alla finestra: E NOI DOV’ERAVAMO?

di Francesca Zaccaron

I fatti di Voghera (la morte di Youns El Boussettaoui per mano di Massimo Adriatici) interpellano la coscienza di tutti e suscitano domande che si spera non restino senza risposta. Evidentemente la ricostruzione dei fatti spetta agli inquirenti, ma da quanto è possibile apprendere da giornali e telegiornali (evitando di lasciarsi troppo influenzare e sviare dalla carica d’odio che sta esplodendo sui social, sia nel sostenere l’uno che nel condannare l’altro), alcuni elementi sono chiari: un uomo ha sparato ad un altro uomo, in una sera d’estate, una sera come tante in questa estate 2021 in cui tutti cercano una “normalità” post-pandemia, un’uscita serale, una birra con gli amici. Facile etichettare la vittima come “un senzatetto, molestatore”, uno che non doveva trovarsi sul suolo nazionale, un delinquente, e l’altro protagonista (aldilà dei titoli) come “ex poliziotto, sceriffo, uno che voleva mantenere l’ordine”. Aldilà delle etichette però, tra le domande che sorgono ineluttabili, alcune sono più pressanti: perché Adriatici si sente al sicuro solo girando armato? Non è questo un pericoloso modo di fomentare paura rabbia e senso di insicurezza generale, lo stesso che caratterizza lo stato di natura di hobbesiana memoria e che porta l’individuo a voler prevaricare su altri? Perché El Boussettaoui, un giovane uomo che viveva una condizione di disagio psichico, non accettava l’aiuto e il sostegno che la sorella afferma di aver sempre offerto? Può l’assistenza sociale essere più incisiva in casi come questo? E noi collettività, comunità cristiana, avremmo potuto fare di più per questo giovane uomo? Tornano alla mente le parole di Gesù in Matteo 25,35-36: «Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.» E la nostra risposta non sarà per sentirci dire: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo» (Mt 25,34), ma perché, consapevoli di essere tutti figli di Dio, non possiamo permettere che nessuno vada perduto (Gv 6,39).